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Andate in tutto il mondo

By 3 Aprile 2025Aprile 20th, 2025No Comments

Il Verbo di Dio, la luce vera che illumina ogni essere umano, viene nel mondo, diviene uomo, vive qui sulla terra, coinvolge nella sua missione, dona la sua vita perché tutti possano gustare la libertà e la gioia di essere figli di Dio e fratelli fra loro.
Gesù, il Risorto, affinché la sua opera si possa realizzare in ogni tempo e in ogni luogo, risorge e dona ai suoi il Suo Spirito. Disse ai suoi discepoli:

Andate in tutto il mondo
predicate il Vangelo.
Quelli che crederanno e saranno battezzati.
Saranno salvati…
E quelli che avremo creduto useranno la mia autorità per cacciare i demoni e parleranno nuove lingue.
Saranno perfino in grado di toccare i serpenti senza pericolo; e anche se berranno dei veleni non ne subiranno danni e potranno guarire i malati, posando le mani su di loro.
Il Signore Gesù fu assunto in cielo e sedette alla destra del Padre.
I discepoli partirono per andare a predicare dappertutto il Vangelo, e il Signore era con loro e confermò ciò che dicevano con i miracoli che accompagnavano il loro messaggio“.
(Marco 16,15-20)

Molti chiamano questo il
GRANDE MANDATO
e lo uniscono al GRANDE COMANDAMENTO dell’amore che Gesù dà ai suoi discepoli.
Ci chiediamo: preché tutti molto sensibili al grande comandamento dell’amore e così poco impegnati nell accogliere e vivere il grande mandato?

Spesso ci chiediamo che cosa significhi evangelizzare e riteniamo alcune iniziative che facciamo come il nostro modo di annunciare il Vangelo.
Paolo VI con l’esortazione apostolica
EVANGELII NUNTIANDI (1975)
ci ricorda 3 cose:

1° evangelizzare, per la Chiesa è

Evangelizzare, per la Chiesa, è portare la Buona Novella in tutti gli strati dell’umanità, è, col suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l’umanità stessa: «Ecco io faccio nuove tutte le cose». Ma non c’è nuova umanità, se prima non ci sono uomini nuovi, della novità del battesimo e della vita secondo il Vangelo. Lo scopo dell’evangelizzazione è appunto questo cambiamento interiore e, se occorre tradurlo in una parola, più giusto sarebbe dire che la Chiesa evangelizza allorquando, in virtù della sola potenza divina del Messaggio che essa proclama, cerca di convertire la coscienza personale e insieme collettiva degli uomini, l’attività nella quale essi sono impegnati, la vita e l’ambiente concreto loro propri“. (EN 18)

2° evangelizzare non è fare qualcosa ma dare il via ad un processo che conosce delle tappe ben precise.

Ed essa deve essere anzitutto proclamata mediante la testimonianza. Ecco: un cristiano o un gruppo di cristiani, in seno alla comunità d’uomini nella quale vivono, manifestano capacità di comprensione e di accoglimento, comunione di vita e di destino con gli altri, solidarietà negli sforzi di tutti per tutto ciò che è nobile e buono. Ecco: essi irradiano, inoltre, in maniera molto semplice e spontanea, la fede in alcuni valori che sono al di là dei valori correnti, e la speranza in qualche cosa che non si vede, e che non si oserebbe immaginare. Allora con tale testimonianza senza parole, questi cristiani fanno salire nel cuore di coloro che li vedono vivere, domande irresistibili: perché sono così? Perché vivono in tal modo? Che cosa o chi li ispira? Perché sono in mezzo a noi? Ebbene, una tale testimonianza è già una proclamazione silenziosa, ma molto forte ed efficace della Buona Novella. Vi è qui un gesto iniziale di evangelizzazione. Forse tali domande saranno le prime che si porranno molti non cristiani, siano essi persone a cui il Cristo non era mai stato annunziato, battezzati non praticanti, individui che vivono nella cristianità ma secondo principii per nulla cristiani, oppure persone che cercano, non senza sofferenza, qualche cosa o Qualcuno che essi presagiscono senza poterlo nominare.
Altre domande sorgeranno, più profonde e più impegnative; provocate da questa testimonianza che comporta presenza, partecipazione, solidarietà, e che è un elemento essenziale, generalmente il primo, nella evangelizzazione. A questa testimonianza tutti i cristiani sono chiamati e possono essere, sotto questo aspetto, dei veri evangelizzatori. Pensiamo soprattutto alla responsabilità che spetta agli emigranti nei Paesi che li ricevono.
Tuttavia ciò resta sempre insufficiente, perché anche la più bella testimonianza si rivelerà a lungo impotente, se non è illuminata, giustificata – ciò che Pietro chiamava «dare le ragioni della propria speranza», – esplicitata da un annuncio chiaro e inequivocabile del Signore Gesù. La Buona Novella, proclamata dalla testimonianza di vita, dovrà dunque essere presto o tardi annunziata dalla parola di vita. Non c’è vera evangelizzazione se il nome, l’insegnamento, la vita, le promesse, il Regno, il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non siano proclamati.
La storia della Chiesa, a partire dal discorso di Pietro la mattina di Pentecoste, si mescola e si confonde con la storia di questo annuncio. Ad ogni nuova tappa della storia umana, la Chiesa, continuamente travagliata dal desiderio di evangelizzare, non ha che un assillo: chi inviare ad annunziare il mistero di Gesù? In quale linguaggio annunziare questo mistero? Come fare affinché esso si faccia sentire e arrivi a tutti quelli che devono ascoltarlo? Questo annuncio – kerigma, predicazione o catechesi – occupa un tale posto nell’evangelizzazione che ne è divenuto spesso sinonimo. Esso tuttavia non ne è che un aspetto.
L’annuncio, in effetti, non acquista tutta la sua dimensione, se non quando è inteso, accolto, assimilato e allorché fa sorgere in colui che l’ha ricevuto un’adesione del cuore. Adesione alle verità che, per misericordia, il Signore ha rivelate. Ma più ancora, adesione al programma di vita -vita ormai trasformata- che esso propone. Adesione, in una parola, al Regno, cioè al «mondo nuovo», al nuovo stato di cose, alla nuova maniera di essere, di vivere, di vivere insieme, che il Vangelo inaugura. Una tale adesione, che non può restare astratta e disincarnata, si rivela concretamente mediante un ingresso visibile nella comunità dei fedeli. Così dunque, quelli, la cui vita si è trasformata, penetrano in una comunità che è di per sé segno di trasformazione e di novità di vita: è la Chiesa, sacramento visibile della salvezza. Ma, a sua volta, l’ingresso nella comunità ecclesiale si esprimerà attraverso molti altri segni che prolungano e dispiegano il segno della Chiesa. Nel dinamismo dell’evangelizzazione, colui che accoglie il Vangelo come Parola che salva, lo traduce normalmente in questi gesti sacramentali: adesione alla Chiesa, accoglimento dei Sacramenti, che manifestano e sostengono questa adesione mediante la grazia, che conferiscono.
Finalmente, chi è stato evangelizzato a sua volta evangelizza. Qui è la prova della verità, la pietra di paragone dell’evangelizzazione: è impensabile che un uomo abbia accolto la Parola e si sia dato al Regno, senza diventare uno che a sua volta testimonia e annunzia. Al termine di queste considerazioni sul senso dell’evangelizzazione, occorre presentare un’ultima osservazione, che Noi stimiamo illuminante per le riflessioni che seguono.
L’Evangelizzazione, abbiamo detto, è un processo complesso e dagli elementi vari: rinnovamento dell’umanità, testimonianza, annuncio esplicito, adesione del cuore, ingresso nella comunità, accoglimento dei segni, iniziative di apostolato.
Questi elementi possono apparire contrastanti e persino esclusivi. Ma in realtà sono complementari e si arricchiscono vicendevolmente. Bisogna sempre guardare ciascuno di essi integrandolo con gli altri. Il merito del recente Sinodo sta nell’averci costantemente invitati a comporre questi elementi, più che ad opporli tra di loro, al fine di avere la piena comprensione dell’attività evangelizzatrice della Chiesa.
È questa visione globale, che ora vogliamo esporre nell’esaminare il contenuto dell’evangelizzazione, i mezzi per evangelizzare, e nel precisare a chi si indirizza l’annuncio evangelico e chi ne ha oggi l’incarico“. (EN 21-24)

3° non è possibile evangelizzare se non si sa distinguere nella fede, nella vita, nel nostro modo di agirre ciò che è essenziale da ciò che è secondario.

Nel messaggio che la Chiesa annunzia, ci sono certamente molti elementi secondari. La loro presentazione dipende molto dalle circostanze mutevoli. Essi pure cambiano. Ma c’è il contenuto essenziale, la sostanza viva, che non si può modificare né passare sotto silenzio, senza snaturare gravemente la stessa evangelizzazione.Non è superfluo ricordarlo: evangelizzare è anzitutto testimoniare, in maniera semplice e diretta, Dio rivelato da Gesù Cristo, nello Spirito Santo. Testimoniare che nel suo Figlio ha amato il mondo; che nel suo Verbo incarnato ha dato ad ogni cosa l’essere ed ha chiamato gli uomini alla vita eterna. Questa attestazione di Dio farà raggiungere forse a molti il Dio ignoto, che essi adorano senza dargli un nome, o che cercano per una ispirazione segreta del cuore allorquando fanno l’esperienza della vacuità di tutti gli idoli. Ma è pienamente evangelizzatrice quando manifesta che, per l’uomo, il Creatore non è una potenza anonima e lontana: è il Padre. «Siamo chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!» e siamo dunque fratelli gli uni gli altri in Dio.La evangelizzazione conterrà sempre anche – come base, centro e insieme vertice del suo dinamismo – una chiara proclamazione che, in Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, morto e risuscitato, la salvezza è offerta ad ogni uomo, come dono di grazia e misericordia di Dio stesso. E non già una salvezza immanente, a misura dei bisogni materiali o anche spirituali che si esauriscono nel quadro dell’esistenza temporale e si identificano totalmente con i desideri, le speranze, le occupazioni, le lotte temporali, ma altresì una salvezza che oltrepassa tutti questi limiti per attuarsi in una comunione con l’unico Assoluto, quello di Dio: salvezza trascendente, escatologica, che ha certamente il suo inizio in questa vita, ma che si compie nell’eternità.La evangelizzazione, di conseguenza, non può non contenere l’annuncio profetico di un al di là, vocazione profonda e definitiva dell’uomo, in continuità e insieme in discontinuità con la situazione presente: al di là del tempo e della storia, al di là della realtà di questo mondo la cui figura passa, e delle cose di questo mondo, del quale un giorno si manifesterà una dimensione nascosta; al di là dell’uomo stesso, il cui vero destino non si esaurisce nel suo aspetto temporale, ma sarà rivelato nella vita futura.L’evangelizzazione contiene dunque anche la predicazione della speranza nelle promesse fatte da Dio nella nuova Alleanza in Gesù Cristo; la predicazione dell’amore di Dio verso di noi e del nostro amore verso Dio; la predicazione dell’amore fraterno per tutti gli uomini – capacità di dono e di perdono, di abnegazione, di aiuto ai fratelli – che, derivando dall’amore di Dio, è il nucleo del Vangelo; la predicazione del mistero del male e della ricerca attiva del bene. Predicazione, ugualmente – e questa è sempre urgente – della ricerca di Dio stesso attraverso a preghiera principalmente adorante e riconoscente, ma anche attraverso la comunione con quel segno visibile dell’incontro con Dio che è la Chiesa di Gesù Cristo, e questa comunione si esprime a sua volta mediante la realizzazione di quegli altri segni del Cristo, vivente ed operante nella Chiesa, quali sono i Sacramenti. Vivere in tal modo i Sacramenti, sì da portare la loro celebrazione ad una vera pienezza, non significa, come taluno pretenderebbe, mettere un ostacolo o accettare una deviazione dell’evangelizzazione, ma darle invece la sua completezza. Perché l’evangelizzazione nella sua totalità, oltre che nella predicazione di un messaggio, consiste nell’impiantare la Chiesa, la quale non esiste senza questo respiro, che è la vita sacramentale culminante nell’Eucaristia“. (EN 25-28)

Indubbiamente chi vuole dedicarsi alla evangelizzazione approfondisce l’Evangelii Nuntiandi, vede come realizzarne il processo nella situazione in cui si trova, fa un progetto e si impegna affinché porti frutto.
Ma il semplice cristiano che vuole essere fedele al GRANDE MANDATO come può fare?
Anche noi, come i suoi discepoli, abbiamo interrogato un grande evangelizzatore come San Francesco, e questa è stata la sua risposta:
Si racconta nella vita di san Francesco d’Assisi che un suo compagno, frate Tancredi, si avvicinò a lui ormai morente e gli chiese cosa fare per evangelizzare gli uomini. Francesco si fermò un istante, poi rispose: «Il Signore ci ha mandati a evangelizzare gli uomini. Ma ci hai mai pensato cosa significa “evangelizzare” gli uomini? Evangelizzare un uomo è dirgli: “Anche tu sei amato da Dio, nel Signore Gesù”. E non solo dirlo, ma crederlo realmente. E non solo crederlo, ma comportarsi con quell’uo­mo in modo tale che egli senta e scopra che vi è in lui qualcosa di salvato, qualcosa di più grande e di più nobile di quello che pensava e far sì che si svegli a una nuova consapevolezza di sé.
Questo è annunziargli la Buona Novella! Ciò è possibile solo se gli offri la tua amicizia. Un amicizia vera, disinteressata, senza condiscendenza, fatta di profonda fiducia e stima.
Dobbiamo andare verso gli uomini. Ciò non è facile. Il mondo degli uomini è un vasto terreno di lotta per avere ricchezze e potenza. Troppi dolori e troppe atrocità nascondono agli uomini il volto di Dio. Andando verso di loro bisogna che prima di tutto non appariamo loro come una nuova specie di competitori. Dobbiamo essere in mezzo a loro i testimoni pacificati dell’onnipotente, uomini senza cupidigie e senza disprezzo. È la nostra amicizia che loro aspettano da noi, un amicizia chefaccia loro sen­tire che sono amati da Dio e salvati in Cristo Gesù».

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